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Barbara Bartolotti

Una farfalla in volo tra i campi della rinascita


Barbara Bortolotti aveva ventinove anni quando è stata
aggredita da un suo collega di lavoro, il 20 dicembre del 2003 a
Carini, in provincia di Palermo. Sposata, madre di due bambini
e incinta del terzo, a quei tempi la donna era segretaria contabile
in un’impresa edile. Nell’azienda lavorava anche un giovane,
originario di Marineo. Quel giorno, il suo collega le telefonò
dandole appuntamento a Palermo per parlarle di una cosa
importante che non avrebbe potuto dirle al telefono. Quando
Barbara arrivò sul luogo dell’appuntamento, il collega l’aggredì
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con quattro martellate alla testa e una coltellata all’addome.
Dopodiché l’uomo prese una tanica di benzina e la versò
addosso alla vittima, appiccando il fuoco con un accendino.
Nonostante il terrore e il dolore, Barbara ebbe la lucidità di
fingersi morta. Questo spinse il suo carnefice a risalire in auto e
ad andarsene. A quel punto la donna corse verso la strada per
chiedere aiuto. Barbara fu trasportata d’urgenza in ospedale
dove, dopo essere stata in coma per dieci giorni, rimase
ricoverata sei mesi, subendo sei operazioni. Sebbene l’ex collega
abbia confessato i fatti e sia stato giudicato colpevole di tentato
omicidio, con l’aggravante della premeditazione, ha scontato
solo pochi giorni di carcere. La pena di venticinque anni
comminatagli in prima istanza, infatti, è stata ridotta a quattro
anni di domiciliari grazie alla “scontistica forfettaria”
dell’indulto. Oggi l’aggressore è sposato, ha due figli e lavora in
banca. Barbara, invece, ha dato vita a un’associazione che si
chiama “Libera di vivere”, con cui offre aiuto a chiunque ne
abbia bisogno senza distinzioni di sesso o di qualunque altro
genere.
Io e Barbara non ci siamo ancora conosciute di persona, ma
sappiamo, già, entrambe di essere sulla stessa lunghezza d’onda
e di poter parlare liberamente di tutto ciò che riguarda il ruolo
della donna nella nostra società. La prima impressione che ho
avuto, nel mio iniziale colloquio con lei, è stata quella di
un’energia positiva molto forte, di una grinta che poche persone
hanno, di una voglia di vivere, di reinventarsi e raccontarsi,
unica nel suo genere. Barbara è vita, Barbara è colore, Barbara
è luce, una luce abbagliante che spaventa anche il più spavaldo
degli uomini.
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«Una delle affermazioni che più attanagliano la vita
dell’essere umano è CONOSCI TE STESSO. Sulla scia di
questo sillogismo dell’Oracolo di Delfi, tu puoi dire di
conoscere te stessa? Chi sei? Come ti definiresti?»
«Conosco bene me stessa e certe volte mi stupisco del mio modo
di pensare. So quanto amore riesco a dare e so anche quante
delusioni riesco a prendermi. Ma so rialzarmi sempre con dignità
e umiltà e questo mi fa diventare sempre più forte. Dico anche
che noi donne forti siamo, al tempo stesso, deboli, ma dalle
cattive esperienze traiamo le cose migliori per noi e per la gente
che ci sta vicino.»
«La figura femminile ha subìto tante trasformazioni nel corso
dei secoli e c’è ancora tanta strada da fare. Qual è la tua
opinione sul posto che occupa la donna oggi e sulle sue
potenzialità che non riescono ancora ad essere apprezzate?»
«Il ruolo della donna e la figura che lei ha sempre occupato, fin
dalla sua nascita, ha avuto sfaccettature diverse. Oggi è riuscita
a farsi valere e a esprimere i suoi concetti, nonché ad avere ruoli
diversi nella società rispetto al passato, ma questo non può
bastare perché l’uomo cerca di prevaricare la sua posizione, i
suoi ruoli e le sue forze. Noi donne dobbiamo essere più unite e
forti, senza farci calpestare.»
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«Cosa pensi del ruolo della moda nella vita di una donna?
Quale peso credi che occupi? Essa ha davvero un’importanza
tale da determinare il carattere e l’atteggiamento della donna
nella società?»
«La moda credo sia nata con la donna e con il suo modo di
impegnarsi, di cambiare ed evolversi nelle sue più spumeggianti
fantasie. Anche quando ha deciso di vestirsi da uomo ha espresso
diritti e uguaglianza. Nella moda la donna ha rimarcato la sua
voglia di cambiamento, di mettersi in gioco con se stessa e poi
con tutta la società. Ha attraversato il mondo con le sue fantasie
e i bellissimi colori. Secondo il mio punto di vista la donna è
ricca di tante cose e non deve mai arrendersi a questo arcobaleno
di novità, uguaglianza e cambiamento.»
«Che tipo di borsa indossi? Hai sempre portato borse grandi o
piccole? Credi che la dimensione della borsa, mondo
inesplorato dell’animo femminile, sia cambiato nel corso della
tua vita?»
«Le mie borse sono sempre state di una misura media e molto
bilanciate, con colori pacati e ricche di naturalezza. Nel corso
della vita ho molto mantenuto le mie solite misure e non mi sono
mai fatta prendere dai finti idealismi e da false ipocrisie e,
soprattutto, dalle società corrotte. Ho cercato di rimanere ferma
nel mio carattere, nei miei pensieri e ho voluto trasmettere
sempre il mio grande rispetto per la vita e per l’essere umano, in
generale.»
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«Ti va di raccontare la tua storia?»
«Sono vittima di un tentato femminicidio. Un collega mi ha dato
quattro martellate alla testa, coltellate all’addome ed ero incinta
del mio bambino e poi, non contento, mi ha dato fuoco. Ho
vissuto il mio aldilà con dei bambini vestiti di bianco che
giocavano con alcune corde, prati verdi e pieni di fiori e lì c’era
l’amore e la serenità, ma evidentemente non era il mio momento.
Mi sono svegliata e ho detto: “Ho voglia di vivere”. Poi sono
stata trasferita al Centro ustioni, operata sei volte e fino al 2014
ho subìto ben ventisette interventi. Ho perso diciotto kg di massa
muscolare e ho perso, per mano di un uomo, il mio bambino. Ho
lottato contro la legge, lo Stato e il legislatore. Il mio aggressore
è di Marineo (PA) e ha ottenuto una pena di venticinque anni che
è scesa a quattro anni di domiciliari e con l’indulto si è ridotta al
nulla. Da circa nove anni è stato assunto in banca, si è sposato e
si è fatto una famiglia, e ha un corpo sano. Io sono senza lavoro,
con un bimbo morto e il corpo deturpato. Ho fondato la mia
associazione “Libera di vivere” che si attiva per aiutare gli altri,
e diffondo il mio libro distribuendolo con il titolo: “Una storia,
Barbara”.»
«Io ti ho scelta perché ti considero una donna speciale. Ti senti
speciale?»
«Non mi sono mai sentita speciale, magari diversa fisicamente
rispetto alle altre donne, visto il mio vissuto, ma mai speciale in
quanto donna. Certo, ogni donna dovrebbe essere in gamba,
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buona, rispettosa, avere un gran senso materno, essere dedita alla
famiglia e al suo lavoro, e tanto altro in positivo, ma capisco che
non è per tutti essere perfetti. Magari la donna perfetta non
esiste, ma tutti dobbiamo fare passi in più per vivere in un mondo
migliore e far crescere i nostri figli con valori che qualcuno ha
perso per strada.»
«Cosa consiglieresti alle ragazze di oggi, donne del futuro?»
«Non vorrei essere ripetitiva, come nei punti precedenti, ma
consiglio di guardarsi un po’ più dentro, nel loro profondo ed
essere devote a questa vita perché, in fondo, ne abbiamo solo
una. Io ne ho avute due, ma una di queste è stata un martirio,
quindi, mi chiedo: dobbiamo aspettare che accada qualcosa di
eclatante per vivere al meglio?»
«Se fossi una borsa come ti vedresti? (Forma, colore, materiale…)
«Se fossi una borsa mi vedrei in una forma contenuta, di color
rosa delicato, con dei piccoli fiorellini puri di mughetto.»
«Cosa metteresti nella tua borsa metaforica?»
«Nella mia borsa metterei sempre l’amore, un arcobaleno di
colori pastello, tanto benessere e felicità e anche molta serenità,
perché credo che una buona dose serva a tutti.»
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«Saresti felice se potessi rinascere uomo?»
«Sì, sarei felice di rinascere uomo, purché con i miei sani
principi e l’amore per la vita.»
Alla domanda su quale fosse il suo mese preferito Barbara mi
dice: “Agosto!” È il mese della sua nascita, il mese in cui si è
affacciata alla vita e non ha mai smesso di crederci. Dopo aver
risposto alle domande, Barbara mi riferisce che si sente più
leggera, più sicura e sempre con un’anima gentile e molto
fiduciosa, pronta a dire “grazie”.