di Donato Catamo
Non è facile introdursi tra le righe delle pagine che raccontano della bellezza, della civiltà, della cultura, della vita e della quotidianità della nostra immensa splendida Italia “artificiale e naturale”. Infatti non c’è soluzione di continuità tra l’opera compiuta dalla testa e dalla mano dell’uomo e quella che madre Terra ci ha donato, che spesso di fondono e si presentano come un unicum, in un rapporto di simbiosi tra umano e divino. Pare che la “matrona Natura” abbia lasciato scritto un atto notarile e rivolgendosi agli homines abbia detto “ora fate la vostra parte e completate l’opera”.
La Rupe di Orvieto è uno scherzo fantastico dell’Olimpo, inviatoci da Minerva attraverso Mercurio oppure è un dono della Terra durante la sua formazione orografica?
Qui dagli Etruschi in poi hanno trovato dimora, adagiandosi, dei, papi, geni, mecenati, condottieri, maestri di vita e di cultura, ecc…, trasformando questo comodo e quasi spirituale trono di pietra come lo definì George Dennis, archeologo, scrittore e diplomatico inglese nel capitolo dedicato ad Orvieto del suo libro The cities and cemeteries of Etruria pubblicato a Londra nel 1848, citato dall’archeologo Giuseppe Maria della Fina, in occasione della presentazione di una mia mostra nel dicembre 2009 presso la Nuova Biblioteca Pubblica “Luigi Fumi” di Orvieto ed ovviamente riportato nel testo del relativo catalogo (fig. 1).
Orvieto ha ospitato divinità pagane, etrusche e romane, e cristiane, e quindi una commistione tra sacro e profano, una forte impronta culturale quali templi, aule, chiese, luoghi di culto e di studio, di preghiera, palazzi nobiliari, ecc. Alla bionda rupe, da sempre, hanno rivolto l’attenzione moltissimi studiosi, archeologi, storici, scrittori, ricercatori, narratori e viaggiatori ed hanno lasciato il loro segno architetti, pittori, scultori, incisori, fotografi, ma anche religiosi come papi, cardinali, vescovi, prelati e conventuali. Il riferimento religioso più importante è stata la bolla papale di Urbano IV che nel 1264, 11 agosto, istituì la festività del Corpus Domini, conseguente al miracolo di Bolsena del 1263. E’ chiaro che tutto ciò che ne è conseguito fino ad oggi a livello di interventi artistici nella cattedrale di Orvieto, ruota intorno all’evento miracoloso a cui tutti i cristiani cattolici fanno cenno, non soltanto in occasione della ricorrenza della festa del Corpus Domini. Tra i grandi maestri che si sono succeduti citiamo: Lorenzo Maitani, Arnolfo di Cambio, Andrea di Cione detto l’Orcagna, Ugolino di Vieri, Ugolino di Prete Ilario, Benozzo Gozzoli, Beato Angelico, Gentile da Fabriano, Luca Signorelli, Ippolito Scalza, Francesco Mochi e molti altri.
Inoltre Freud aveva visitato gli affreschi della cappella di San Brizio nel settembre 1897 e tra il 1898 e il 1899 colse l’occasione per esaltare l’opera del maestro cortonese nella stesura de “L’interpretazione dei sogni”.
AL Giudizio Universale il maestro cortonese operò dal 1499 al 1504 circa ed i contenuti della grande opera sono stati affrontati, trattati, analizzati, interpretati e descritti da molti storici dell’arte, tra cui ultimo in ordine di tempo annotiamo l’architetto Raffaele Davanzo, storico, con la pubblicazione di “La appella di San Brizio ad Orvieto”, Ed. Il Formichiere – 2021, dove Egli affronta e discerne di contenuti non solo tecnico pittorici, ma anche storici e letterari, (fig. 2). Tale opera era rimasta nascosta dietro l’altare della Madonna di San Brizio, realizzato da Bernardino Cametti nel 1715 e riscoperta durante i restauri degli anni ’90 del secolo scorso. La figura è identificabile con Caino, forse. Il primo osservatore ed estimatore dell’opera di Signorelli pare sia stato Michelangelo, che nei suoi trasferimenti Firenze/Roma e viceversa, sostava sulla rupe non soltanto per rifocillarsi. Ma ciò che stupisce, al di là di quanto raccontato, interpretato e messo a disposizione dagli storici, è la modernità, anzi la contemporaneità e soprattutto l’anticipazione di figure come angeli, demoni e santi nelle forme robotiche che si muovono nello spazio (fig. 3) ed estrapolate da sceneggiature prima e da scenografie poi, pronte per essere utilizzate sul set cinematografico di un film di fantascienza ambientato nel 2100 e predisposto per l’annuncio di una nuova grande apocalisse per un ulteriore Finimondo.
Nel 1973 il maestro cortonese/orvietano, a 450 anni dalla sua dipartita, venne celebrato dalla città di Orvieto, con la collaborazione del comune e dell’allora Istituto Statale d’Arte, oggi Liceo Artistico Statale, del Liceo Classico Statale, del Vescovado, dell’Azienda Autonoma di Promozione Turistica e di altre agenzie culturali pubbliche e private, ovviamente di questa città.
Dei vari comitati facevano parte il presidente della Repubblica italiana, il presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro dei Beni Culturali ed il Ministro della Pubblica Istruzione, il Preside ISA Giunio Gatti, il preside del Liceo Classico ed i professori Benedetto Burli, Adriano Casasole, Santo Vincenzo Ciconte, Renato Ingala, Luigi Moretti ed anche il sottoscritto.
Primo relatore era il professor Pietro Scarpellini, ordinario di Storia dell’Arte presso l’Università di Perugia, mentre il moderatore era lo scrittore Prof. Giorgio Bassani. Il convegno ebbe luogo presso il Teatro Luigi Mancinelli di Orvieto. Da rammentare le molte testimonianze pervenute a livello internazionale.
L’anno 2023, segue il 2022, in cui hanno avuto luogo le celebrazioni relative ai 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, alla cui Opera Magna Signorelli ha rivolto molta attenzione nell’esecuzione degli affreschi orvietani. Di questo ne parleremo più ampiamente nella prossima comunicazione.
Donato Catamo